
La componente che potremmo definire artigianale, in quanto acquisibile esclusivamente attraverso un tirocinio pratico, della professione di educatore cinofilo rende poco visibile se non addirittura secondaria o inesistente la componente etica, al contrario imprescindibile e necessaria.
Al di là della presa di posizione nei confronti dell’attività venatoria in sé e per sé (e la mia è totalmente e senza possibilità di eccezioni profondamente contraria), c’è un aspetto, fra tutti quelli collegati alla caccia, che da solo costituirebbe motivo sufficiente per allargare il dissenso e il rifiuto.
Se il cane è il miglior amico dell’uomo, come tutti dicono, perché l’uomo vuole che gli ubbidisca?
Quindi, un amico per essere tale deve obbedire?